L’avvento della grafica 3D nella metà degli anni ’90 ha portato alla definitiva esplosione del genere “survival horror“, con titoli storici del calibro di “Alone in The Dark” e “Resident Evil“, tuttavia in tanti hanno partecipato alla sua evoluzione, e tra questi un posto più che meritato va a “Doctor Hauzer”.
Sin dagli albori del media videoludico è sempre esistito l’interesse per il tema dell’orrore e per le creature che popolano il suo immaginario, sia letterario sia cinematografico.
Negli arcade e su console si poteva trovare “Splatterhouse”,una serie di picchiaduro a scorrimento di Namco, il cui stile grafico è preso a piene mani dai miglior film slasher (per chi non sapesse, quelgenere con antagonista un maniaco a caccia di un gruppo di protagonisti, ndr) americani.
Splatterhouse rappresenta la maggior parte della sfera horror intorno all’epoca del Super Nintendo, in cui l’orrore appartiene soprattutto allo stile grafico e non al gameplay. Altri esempi eccellenti sono Castlevania di Konami e Ghosts ‘n Goblins di Capcom.
Dall’altro lato della della medaglia, su un computer come il Commodore 64, risaltava “Project Firestart“, un vero e proprio precursore degli elementi che renderanno grandi il genere: scarse risorse, ricerca di chiavi o oggetti per avanzare, un’ambientazione isolante e lugubre.
Ai giorni nostri, giocatori di tutto il mondo continuano ad intrattenersi senza sosta in una diversificazione immensa di avventure grazie ad una scia creativa ormai trentennale, da nomi affermati come “Dead Space” (2008), passando per indie meritevoli come “Outlast” (2013) o ancora per cambidi formula come “Little Nightmares” (2017) e il recente “Scorn” (2022).
Tuttavia, molti rimangono comunque inconsapevoli di ciò che storicamente ha permesso alla categoria di evolvere e rendersi così accattivante.
Doctor Hauzer: l’anello mancante
Nel vasto panorama di sperimentazione del genere horror “Doctor Hauzer” ha sicuramente un posto di riguardo.
Venne alla luce per il 3DO Interactive Multiplayer, console ideata da Trip Hawkins, ovvero lo storico fondatore di Eletronic Arts, che nel mercato nipponico vide il suo lancio nel Marzo 1994.
Fu una tra le prime console a usare i CD e ad offrire giochi in 3D e Full Motion Video, inoltre la 3DO Company prendeva una percentuale inferiore sui profitti rispetto alle altre. Si rivelò un fallimento commerciale, ma produsse alcuni titoli esclusivi di valore.
Il gioco fu sviluppato da “Riverhill Soft”, uno studio giapponese il cui punto diforza, soprattutto in patria, erano le avventure testuali, come la serie “J.B Harold” di cui tutt’oggi escono nuove iterazioni.
Il primo capitolo della serie sopracitata, Murder Club, ebbe grande seguito nel campo delle avventure testuali apparendo su numerose console e PC in terra nipponica (e un paio in occidente) sin dalla usa uscita nel 1986.
Invece in Occidente, oltre a “Doctor Hauzer”, che grazie ad una fan-translation (let., “traduzione dai fan”) in inglese dell’utente SnowyAria si è ritagliato un certo seguito online, si ricorda solo il mediocre (secondo l’utenza, ndr) survival horror “Overblood“.
Una magione piena di trappole
“Doctor Hauzer” è ambientato cronologicamente nel 1952 dove si vestono i panni di un giovane giornalista, Adam, che come primo incarico si ritrova ad intervistare il celebre archeologoHauzer. Affascinato dalla sua figura, egli ha seguito i suoi studi per anni, fino alla sua misteriosa scomparsa.
Dopo una attenta ricerca il giovane già è riuscito a localizzarlo in una villa dilapidata.
Immediatamente il gioco ci mostra la sua natura, la trappola del lampadario può portare al game over dopo pochi secondi di gioco.
Caratteristica insolita rispetto ai titoli moderni, ma non ci sono mostri, il fulcro del gameplay è esplorare l’edificio stando attenti alle numerose trappole presenti, risolvendo enigmi e trovando oggetti utili per proseguire, il tutto in un ambiente completamente 3D unico per un’epoca dominata da fondali pre-indirizzati.
Oltre a trappole più tradizionali (botole, massi, frecce), varie trappole sovrannaturali ci danno i primi segnali che qualcos’altro si annida nell’edificio.
Il movimento si destreggia tramite i classici “Tank Controls” (telecamera fissa, movimenti in base alla posizione del personaggio), simili a quelli più primitivi di “Alone in the Dark”, includendo la possibilità di saltare da una superficie ad un’altra, ma quest’ultimo a differenza del nonno del genere elimina la selezione delle azioni tramite l’inventario e affida alla corsa un proprio tasto dedicato.
Scelte che si ritroveranno poi nel futuro “Resident Evil”. Inoltre erano già presenti porte di transizione da stanza a stanza, ben due anni prima del titolo horror targato Capcom (1996).
La visuale dall’Alto è fondamentale per alcuni puzzle e per l’uso del comando salto, mentre quella in Prima Persona è utile per esaminare meglio alcuni oggetti.
Per di più, a questo mix vennero aggiunti due elementi insoliti per il genere, la possibilità di salvare quasi ovunque e visuali multiple: “Fissa“, “Prima Persona” e “dall’Alto“.
Limiti tecnici e grandi influenze
Il difetto principale che si portava dietro “Doctor Hauzer” era rappresentato dai limiti della console 3DO nel campo della grafica 3D, infatti la giocabilità era compromessa da prestazioni che andavano spesso tra i 5-10 fps al secondo, e per quanto oggi soluzioni moderne permettano una ottimale esperienza di gioco, ai tempi era tutt’altro che ideale.
Overblood in parte costruì nuovo contenuto sulle basi del predecessore, soprattutto dal punto di vista tecnico, ma era caratterizzato da ambienti grigi e spogli e un sistema di combattimentomediocre.
Successivamente, questa esperienza pregressa nel campo del 3D portò gli sviluppatori di Riverhill Soft ad essere la prima a creare un horror full 3D sulla prima Playstation, con il già citato “OverBlood” nel 1997 e ben prima di titoli illustri come “Dino Crisis” e “Silent Hill“, di cui proprio il creatore, Keiichiro Toyama, ha citato “Doctor Hauzer” come una delle sue prime esperienze horror in un intervista del 2013.
Le “Porte del Paradiso”
Anche per quanto riguarda la trama, Doctor Hauzer si dimostrava originale, lontano dagli zombie o dai mostri dell’universo lovecraftiano a cui siamo ciclicamente abituati oggi.
I diari del dottore rivelano una scoperta sensazionale nei meandri della villa, come ad esempio un angelo Cherubino, che secondo la tradizione ebraica avrebbe svariati doveri di ruolo, tra i quali fare da guardia all’entrata del Paradiso.
Hauzer, che a quanto si apprende negli ultimi anni (cronologici di gioco, ndr) aveva perso la moglie, divenne ossessionato dalla creatura a tal punto da sacrificare vari lavoratori della sua squadra nel tentativo di ricongiungersi con lei.
Hauzer sostiene di essersi fuso con il Cherubino e di aver raggiunto il Paradiso, ma ben presto si accorge che sua moglie non sarebbe potuta mai tornare indietro, scagliando la sua ira su Adam.
Il confronto finale richiede di usare una foto della moglie per liberarlo dalla sua nuova forma, ponendo fine all’incubo.
Grandi eredità per grandi icone future
Purtroppo Riverhill non proseguirà sulle buone basi del gioco, tanto che “Overblood” e il suo seguito godranno solo della fama online del detto “So bad it’s so good” (let., “talmente brutto da risultare bello”, ndr), lasciando Hauzer come un pezzo di storia del genere troppo spesso ignorato.
Ma ben prima che la compagnia si spegnesse lentamente e definitivamente nel 2004, alcuni dei suoi migliori elementi erano già all’opera altrove.
Uno degno di nota è quello di Rika Suzuki, creatrice di “J.B Harold” e co-fondatrice di Cing, team famoso per delle avventure grafiche realizzate in collaborazione con Nintendo sul Nintendo DS: le serie “Another Code” e “Hotel Dusk”.
A sinistra il caro Professor Layton dalla sua omonima serie, a destra il suo stesso creatore: Akihiro Hino. Quella del Prof. Layton è diventata una delle serie videoludiche di genere puzzle più famose di sempre grazie alla presenza del doppio schermo della console su cui è nata, un utilizzo eclettico del sistema di enigmi da risolvere e una storia veramente introspettiva oltre che avvincente.
E tra tutti è proprio una delle principali menti dietro “Doctor Hauzer” ad aver raggiunto traguardi incredibili.
Si parla di Akihiro Hino, CEO e fondatore di Level-5, ma anche co-creatore della famosissima serie di giochi puzzle “Professor Layton“, e ancora tempo addietrodirettore dello sviluppo di “Dragon Quest VIII“, uno dei capitoli più amati e venduti della celebre serie di giochi di ruolo targata Square Enix, che in Giappone vive come un culto.
Dopo tutto (e per fortuna, ndr), le capacità di grandi creativi come Hino permettono anche di reinventarsi in nuove forme e contenuti, spesso però ottenendo riconoscimento e fama per i progetti più recenti e famosi che per i passi delle proprie origini.