Woundhead significa letteralmente ferita alla testa. Ma che genere di ferita?
Ebbene, una ferita molto più profonda di quanto si possa immaginare: quella psicologica. Perché la violenza psicologica è la più subdola tra le sue sorelle violente, quella che si insinua nella mente della vittima fino a logorarla, ma non solo.
Questa violenza può causare anche delle vere e proprie malformazioni, dei segni indelebili, ferite visibili. E’ proprio qui che Woundhead affonda le sue radici, per raccontarci di come il dolore psicologico può convertirsi in anatomico.
Abbiamo con noi quindi la regista di questo cortometraggio: Monia de Lauretis.
Benvenuta Monia, grazie per il tuo tempo!
Grazie a voi!
Partiamo dalle origini: come ti sei avvicinata al mondo cinematografico? E quando hai deciso di dedicartene?
E’ nato tutto per gioco due anni fa, quando un mio amico mi chiese di curare la fotografia di un suo corto. La storia, un po’ noiosetta, mi ha ispirato delle variazioni, e così da una commedia pseudo-noir-sentimentale si è trasformata in “dis/quiet”, una pervertitissima faccenda distopica su segreti e distributori di sesso.
Ecco, ora se potessi usare una faccina metterei quella da birbante che ha combinato un grosso guaio.
Non avendo soldi mi sono trovata a dovermi improvvisare tuttofacente ed è stato un bell’esercizio oltre che una inaspettata soddisfazione.
In effetti hai ricevuto parecchi riconoscimenti per i tuoi lavori, come: selezioni in vari festival, una proiezione a New York e il terzo premio al Bizzarro Film Festival di Bologna. Cosa significa ottenerli in quanto donna?
M: La chiamo “la mappa del disagio”. Ho messo delle bandierine sulla mappa là dove ho ottenuto riconoscimenti. Tutti posti da evitare! (ride)
Devo dirti che non ho mai avuto l’impressione di essere svantaggiatain quanto donna, né mi sono mai sentita in dovere di fare meglio di qualsiasi uomo per farmi notare. Ho sempre seguito il mio istinto e fatto ciò che io ritenevo stimolante per me stessa… quindi non riesco a rispondere.
Woundhead – produzionidalbasso.com
Torniamo al film. Woundhead parlerà di come la violenza psicologica possa compromettere perfino l’anatomia di una persona. Come hai avuto l’ispirazione?
Questa cosa mi covava nel cervello da tempo. Ma è stata una sera che, parlando con un’amica degli abusi che suo figlio stava subendo dalla maestra, m’è venuto da pensare: col c*zzo che lo farebbe se gli abusi non rimanessero invisibili e solo nella testa del bambino, se non fosse più la sua parola contro quella di un alunno, se il bambino rischiasse addirittura danni fisici permanenti.
E da lì ho cominciato ad immaginare come potrebbe essere il mondo se le violenze psicologiche creassero delle vere e proprie ferite, con tutto il peso – anche giuridico – che comporterebbero.
E’ di questo ipotetico mondo che tenterò di parlare nel corto.
Si può parlare di Woundhead come di… un film underground?
Io sono underground dentro, quindi anche se un giorno mi dovessi trovare a disposizione miliardi per fare cose, il mio spirito non sarebbe mai mainstream.
Anche se, rispetto al precedente, tenterò di alzare l’asticella tecnica, coinvolgendo qualche piccolo finanziatore, ma rimarrà comunque una produzione indipendente e senza compromessi.
Perché un corto piuttosto che un lungometraggio?
Eh, prima di tutto per ragioni economiche. Poi onestamente non credo di avere ancora sufficienti abilità per sostenere e dirigere qualcosa di molto più strutturato. E’ presto, troppo presto. Finirei per essere ingurgitata dai collaboratori.
Woundhead – Giorgio Mastrota
Sbaglio o ho letto Giorgio Mastrota? Proprio il Cavalier Custode dell’acciaio inox?
E del cambio shimano! Sì, hai letto bene!
Lo so, è difficile immaginare cosa ci possa entrare un personaggio televisivo del genere con un argomento così… maaaa suuuspenceeee, non dirò nulla.
Comunque, personaggio lavorativo a parte, è un gran signore. Umile, disponibile, professionalissimo. Gli ho sottoposto il copione qualche giorno fa e attendo con anZia il verdetto.
Il corto è infatti ancora in fase di produzione, ed è attiva una campagna di crowdfunding. Perché sostenere il progetto?
L’obiettivo della raccolta fondi è piuttosto modesto, non ambisco a cifre astronomiche. Mi interessa solo di poter pagare la maggior parte delle persone che mi aiuteranno a raggiungere un livello tecnico semi-professionale.
Normalmente, non è una delle mie priorità. Sono sempre stata una paladina del DIY, dell’indipendente, del no-budget. Ho sempre amato dimostrare che se hai qualcosa di personale da dire, e se hai veramente talento, ne uscirà qualcosa di interessante anche con pochissimi soldi e pochissima tecnica. Non vuole essere assolutamente un incoraggiamento all’approssimazione, ma uno stimolo a non farsi bloccare dalla mancanza di mezzi e a puntare molto sulla definizione della propria identità.
Con dis/quiet l’ho nuovamente dimostrato: chi se la sarebbe mai sognata una proiezione a Manhattan con un’opera prima punkissima?
Stavolta voglio tentare nuove complicazioni come lavorare con uno staff professionale e partecipare a festival più “precisini”, tutte cose che potrebbero aiutare a veicolare un tema così importante.
Tematiche così “crude” potrebbero distogliere lo spettatore (tristemente) medio, abituato a cinepanettoni e americanate. Che accoglienza ti aspetti?
Non credo che questo corto incapperà facilmente in un simile pubblico. Penso che circolerà soprattutto in festival seriosi ed iniziative seriose, presumibilmente non in Italia, dove sto già avendo difficoltà a trovare supporto. Se Giorgio dovesse attrarre un pubblico più standard, beh… dovremmo assolutamente trovare il modo di entrargli nel cervello per assistere e godere del collasso neuronale!
Descrivi la pellicola in 5 parole:
Fiducia nell’uomo, questa sconosciuta.
Ultima domanda: the alla pesca o al limone?
Limone!
In Conclusione…
Ringraziando ancora immensamente Monia de Lauretis per la sua immensa disponibilità, vi ricordiamo che Woundhead sarà disponibile dal 2020 ed è tutt’ora attiva la campagna di sostegno alla pellicola sui siti Produzioni dal Bassoe Kickstarter, dove potrete trovare anche maggiori informazioni in merito.
Scrittrice free lance, ammette senza alcun problema di essere appassionata di erotismo, in tutte le sue forme, sfumature e colori. Fate l'amore non fate la guerra, diceva qualcuno. Ebbene, non è poi così male come idea, dopotutto.