Quando il peggio di Internet decise le sorti di un’elezione.
Nel parlare del Pizzagate ci riferiamo ad uno dei più grandi e dannosi esempi di “teoria del complotto” divenute fake news che la storia ricordi; un evento mediatico nato sulla rete e diffusosi a macchia d’olio nel mondo reale, in particolare negli Stati Uniti, con conseguenze grottesche: l’aver influito, almeno in parte, sulla vittoria di DonaldTrump ai danni di Hillary Clinton durante le elezioni presidenziali del 2016.
Prima, durante e dopo il Pizzagate
Il contesto che porta alla nascita del Pizzagate è già di per sé surreale.
Nel 2016, con la fine del secondo mandato consecutivo di Barack Obama alla Casa bianca, gli Stati Uniti sono pronti ad eleggere il nuovo “leader del mondo libero”. A contendersi la poltrona, due personaggi parimenti controversi: Donald Trump per i repubblicani e Hillary Clinton per i democratici. Trump all’epoca era un homo novus; attivissimo nel ramo imprenditoriale e nell’industria dell’intrattenimento, ma mai detentore di ruoli politici. Clinton, d’altro canto, era un vero e proprio squalo che aveva già ricoperto diversi ruoli di prestigio (First Lady, senatrice e segretario di stato). Praticamente il giorno e la notte, eppure i toni delle rispettive campagne elettorali convergevano nell’obbiettivo: screditare il rivale.
Hillary Clinton, appoggiata dalla stragrande maggioranza dei media mainstream, dipinge di sé stessa un’immagine competente e autorevole, e di Donald Trump una da orco decerebrato; Donald Trump, la cui voce risuonava attraverso organi di contro-informazione dominati dall’Alt-Right, dipinge di sé stesso un’immagine forte e impattante, e di Hillary Clinton una da vecchia strega succhiasangue. Insomma, non proprio le basi per un dibattito moderato.
La campagna prosegue con fischi di qua e pernacchie di là. Hillary Clinton risulta essere in netto vantaggio sul rivale secondo gli indici di gradimento; la sua vittoria è data praticamente per scontata. Poi accade.
WikiLeaks (il cui fondatore, Julian Assange, era in contatto con Trump Jr) divulga attraverso il proprio sito numerose mail private sottratte allo staff di Hillary Clinton da hacker russi, probabilmente facenti parte del gruppo Fancy Bear. Nonostante tali mail non contengano materiale compromettente o illegale – tuttalpiù un ragionevole astio nei confronti di Bernie Sanders, all’epoca rivale di Clinton per il ruolo di candidato democratico – sui forum di 4chan, 8chan e altri spazi analoghi si inizia a discuterne ferocemente.
In particolare divengono fonti di indignazione generale alcune mail sottratte a John Podesta, braccio destro di Clinton, nelle quali veniva citata la relazione omosessuale tra David Brock, anche lui membro del partito democratico, e James Alefantis, proprietario del ristorante-pizzeria Comet Ping Pong in Washington DC. Secondo gli utenti, tali scambi altro non sono che veri e propri messaggi in codice sottintendenti un giro di abusi su minori che avrebbe il proprio centro esecutivo proprio nell’esercizio di Alefantis. A fomentare tali speculazioni è tale Fatoldman, utente definitosi “analista e stratega d’alto livello” (dicasi anche incel) che, attraverso il forum ThreeRANT, dichiara di conoscere alcuni dettagli su indagini dell’FBI riguardanti proprio la Clinton.
Dai forum, le sobillazioni arrivano anche sui social network: prima su Facebook, con un post di tale Carmen Katz, e poi su Twitter dall’account Eagle Wing, successivamente identificato dalle autorità come bot creato dall’agenzia russa Internet Research Agency, nota per la diffusione di fake news. Inizia ufficialmente il Pizzagate.
Le motivazioni per cui sia stato preso di mira proprio il Comet Ping Pong di James Alefantis sono piuttosto chiare: oltre all’attività di ristoratore e la sua appartenenza alla comunità LGBTQ+, Alefantis è noto per la sua vicinanza al partito democratico e le sue campagne anti-trolling e il suo locale è rinomato in quanto family-lgbt-art-friendly. Che l’Alt-Right abbia quindi sfruttato la sua presenza nelle mail per infangarne il nome non dovrebbe stupire.
Similmente agli esponenti del Gamergate, anche i pizzagaters hanno creato una gigantesca macchina del fango nei confronti del Comet e del suo gestore, arrivando tartassarlo di telefonate minatorie, creare interi post falsi di Instagram a suo nome in cui dei bambini – spesso figli degli stessi faker – venivano ritratti in atteggiamenti e pose ambigue, intasandone i social con continue e reiterate accuse di pedofilia. Altrettanto fanno con il locale, coinvolgendo così nello “scandalo” anche l’artista dei dipinti originali, Arrington de Dionyso, e mostrandolo come un luogo fatiscente e malfamato utilizzando foto effettuate durante un semplice restauro.
Alla sh*tstorm principale se ne aggiungono altre collaterali – da chi sostiene di percepire “strane vibrazioni” all’interno del locale, a chi associa la voce del già citato John Podesta a quella udita in alcuni video di stampo pedopornografico reperiti sul deep web – finché a calare l’asso non arriva Alex Jones, noto conduttore televisivo e radiofonico cospirazionista, nonché bufalaro di professione, che rilancia la notizia al pubblico esterno all’Internet, contribuendo a provocare gli eventi culmine del Pizzagate.
Il giorno dopo la diffusione della bufala da parte di Jones, una folla di manifestanti circonda la Casa Bianca richiedendo a gran voce un’indagine sul presunto (leggi: “inesistente”) giro di prostituzione minorile del Comet.
Edgar Maddison Welch, 28enne di Salisbury nel North Carolina, parte alla volta di Washington e del Comet Ping Pong, portandosi dietro un fucile da guerra AR-15 e una pistola calibro 38. Arrivato sul posto, entra all’interno del ristorante ad armi spianate terrorizzando gli avventori. Il suo obbiettivo: trovare il luogo in cui i bambini, secondo le dicerie dell’Internet, vengono seviziati. Passano 45 minuti in cui la polizia arriva sul posto e molti clienti del locale fuggono terrorizzati ma illesi. Welch esce dal locale, disarmato e con le mani dietro la nuca, visibilmente spaesato. Non ha trovato nulla.
Lo stesso accade a due contestatori diverso tempo dopo la conclusione delle elezioni. Convinti ad entrare all’interno del Comet e costatando che al suo interno non vi è assolutamente nulla di fuori dall’ordinario, ne escono con un perentorio «Questo posto fa schifo», un po’ come i bambini quando entrano nella casa degli orrori al luna park.
Nonostante il continuo debunking effettuato nel corso di quattro anni, il teorici della cospirazione continuano a fomentare la narrazione del Pizzagate nei forum e nella vita vera, tanto da farla evolvere nel cosiddetto Pedogate. Tale realtà permette ancora oggi di dibattere su temi fondamentali relativi alla libera informazione, alla pericolosità dell’anonimato su Internet, alla facilità con cui il mezzo-rete suggestiona chi non ne comprende il funzionamento e le dinamiche tribali.
Il Pizzagate rinasce ogni volta che un utente, invece di attingere alla fonte di una notizia, segue senza remore la narrazione di chi anche solo “sostiene” di avervi attinto. La colpa è dell’utente stesso, non di chi cerca di plagiarlo, in quanto il plagio avviene su base volontaria. Chi vuole o non vuole crederci, lo fa a prescindere; solo chi ha la dignità di abbattere le barriere della vigliaccheria e della de-responsabilizzazione, potrà dire di conoscere davvero la famosa verità “che non ci dicono”. Ce la dicono eccome, ma bisognerebbe aver voglia di cercarla davvero.
Conosciuto internettianamente con il nickname "Mr Vendetta" - ispirato all'omonimo film di Park Chan-wook, non al maledetto fumetto di Alan Moore - questo strano essere ha assunto le forme più disparate: blogger, vlogger, redattore, finanche gestore di gruppi Telegram e Facebook. E dire che nella vita voleva fare i soldi.