Nel corso del tempo, ogni console videoludica ha sempre visto scarseggiare il proprio parco titoli fino al definitivo chiudersi dei rubinetti, ma alcune hanno avuto più fortuna di altre, come il Super NES (“Super Nintendo Entertainment System“, spesso abbreviato in “SNES“) capace di ricevere supporto fino al 1997 in occidente e addirittura fino al 2000 nella sua terra natia.
Un punto fondamentale da inquadrare nella longevità di questa console è stato che il suo futuro successore, ovvero il Nintendo 64, sarebbe arrivato solo alla fine del 1996, lasciando quindi spazio al Super NES ancora per qualche tempo.
E sebbene, lato portatile, il Gameboy fosse praticamente senza rivali, non aveva ancora visto l’arrivo di alcuni famosi mostriciattoli da catturare.
Oltre ciò, bisogna tenere conto del grande successo ottenuto dal NES entrando nel territorio budget, con un costante supporto di giochi (ndr: tra cui “Kirby’s Adventure” e “Mega Man 6”) durato fino al 1994 in tutti i territori ottenendo particolare riscontro a posteriori nel mercato Europeo dove la console, inizialmente gestita da Mattel, aveva fatto enorme fatica contro un Master System in salute e il dominio dei micro computers (Commodore, Spectrum…).
Nel 1995 uscirono la Playstation e il Saturn sui nostri lidi, per cui esso rappresenterebbe l’ultimo anno da considerarsi “ufficiale” per l’era 16 bit, ma nonostante questo vale la pena citare che se da una parte il Super NES ospitava alcune pietre miliari come “Chrono Trigger”, “Diddy Kong Quest” e “Yoshi’s Island”, dall’altra il SEGA Megadrive aveva poco da offrire esclusa qualche gemma come “Ristar” o “Lunar 2: Eternal Blue” su SEGA CD, mostrandoci un approccio completamente opposto, in quanto l’azienda omonima voleva lasciare la scena esclusivamente al Saturn.
Gli ultimi titoli vennero rilasciati nella finestra ’96-’97: non si può non partire da “Super Mario RPG”, un titolo considerato tra i migliori del genere e che dietro le proprie ombre di sviluppo nascondeva la rottura commerciale imminente tra Nintendo e la vecchia Squaresoft (ndr: quando ancora non si era unita ad Enix), inoltre il pacchetto di mini avventure “Kirby Superstar” o titoli puzzle come “Tetris Attack”.
Rimanevano ancora alcuni prodotti di terze parti, con Capcom che salutava la generazione rilasciando sequel come “Final Fight 3”, “Mega Man X3” e un miracoloso port di “Street Fighter Alpha 2”, ma anche Natsume non fece mancare i suoi prodotti di nicchia con il primo “Harvest Moon” e il j-rpg “Lufia II – Rise of the Sinistrals”.
Tutto questo accompagnato anche da giochi di sport e varie licenze fino ad arrivare alla fine del 1997 che ci porta agli ultimi titoli pubblicati da Nintendo stessa: la sempre presente e insaziabile di dolci pallina rosa con “Kirby Dreamland 3” e il block breaker “Arkanoid Doh It Again“.
Dal lato giapponese ci sono alcuni aspetti rilevanti di cui tenere conto, poiché il Super NES (in Giappone “Super Famicom“, da “Super Family-Computer“) ha venduto circa 49.1 milioni di console nel mondo, ma di cui circa 17.16 mln nel solo Giappone, mentre le principali rivali contano circa 8-9 mln del PC Engine e 3.5 mln per il Megadrive.
A onor del vero, sono state parecchie le iniziative esclusive che vennero attuate a suo favore nel mercato, come il Satellaview ad esempio, ma in questo caso una menzione necessaria riguarda le cartucce Nintendo Power. L’investimento da parte della azienda nipponica su un floppy disk con memoria espandibile e sovrascrivibile permise un accrescimento continuato della sua popolarità.
Infatti, in alcuni negozi appositi, chiamati “Disk Writer kiosks“, era possibile registrare giochi sulle cartucce in varie fasce di prezzo rispetto a quello di listino, tra cui alcuni esclusivi (ndr: almeno per un periodo); ciò ha rappresentato un’eredità del successo trovato in precedenza con simili attività per il “Famicom Disk System“.
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Di conseguenza, il mercato videoludico ebbe a che fare con una console per cui non solo Nintendo ma anche le terze parti avevano ancora grandi titoli previsti, ricordando comunque che la nuova generazione in Giappone era già iniziata a fine 1994.
Solo considerando il binomio ‘95′-’96, alla line-up occidentale si aggiungevano seguiti e primi passi di franchise ormai famosi: “Dragon Quest VI”, “Tales of Phantasia”, “Star Ocean”, “Clock Tower”.
Tuttavia, molti di questi titoli trovarono un porto sicuro su cui attraccare sulla Playstation grazie alla nuova collaborazione di casa Sony proprio con Squaresoft, la quale sarebbe diventata un punto di riferimento per i giochi j-rpg di quella generazione (Final Fantasy VII, Xenogears, The Legend of Dragoon…), portando quindi molti di questi titoli a non vedere mai luce nell’ambiente attorno al Nintendo 64.
Dal 1997 al 2000 la console iniziava il suo canto del cigno, offrendo comunque esperienze di rilievo a chi ancora era legato allo scatolotto grigio di Nintendo: in questo periodo potevamo vedere dalle terze parti giochi che agivano in parallelo a release più grandi e più battagliere.
Ad esempio, il già citato “Arkanoid Doh It Again” in Giappone fu una alternativa 16-bit ancora valida a “Arkanoid R”, titolo della stessa serie, su Playstation; lo stesso fece Capcom con “Megaman & Bass”, gioco creato a partire dagli assets di “Megaman 8”.
Per di più, Nintendo continuava ad offrire contenuti esclusivi, soprattutto tramite i chioschi Nintendo Power, spesso con software tendenti al genere puzzle: “Sutte Hakkun”, “Power Lode Runner” e persino “Columns”, titolo associato da sempre alla propria fedeltà verso le console SEGA; inoltre fu il luogo di debutto di giochi appartenenti a franchise che hanno sempre ottenuto più interesse in terre nipponiche che altrove, come “Fire Emblem Thracia 776”.
“Metal Slide Glory Director’s Cut”, una versione aggiornata di una visual novel del Famicom sviluppata da HAL Laboratory (i papà della serie di di “Kirby” e del primo “Smash Bros”) fu l’ultimo gioco rilasciato sia nei chioschi che su cartuccia alla fine del 2000, mettendo la parola fine sulla leggendaria console.
Ed è così che Nintendo salutava il suo amato Super NES, in una situazione più avanti con gli anni e non certo facile, con un Gameboy Advance che doveva dimostrarsi capace di poter dominare il mercato portatile come il suo predecessore e fare i conti con enormi perdite di supporto , oltre che di mercato, causato dall’uso delle cartucce nell’era Nintendo 64 e la quasi completa assenza di giochi di genere RPG sulla console.
Tutto ciò in previsione di un futuro “Project Dolphin“ che si sperava stesse per portare ad un nuovo inizio.
Appassionato della storia del media videludico, con particolare interesse ai retrogames e gli indie.
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