Nella storia dell’informatica fa parte un mondo diventato particolarmente popolare al giorno d’oggi e con quasi cinquant’anni di storia, ovvero il settore dei videogiochi, che ha attualmente raggiunto livelli di fama inimmaginabili rispetto ai tempi dei suoi esordi dopo la crisi di mercato del 1983.
In passato infatti le prime console erano decisamente più distanti dai livelli di tecnologia dei cosiddetti “personal computer” o dai cabinati da sala giochi, soprattutto se si parlava di grafica 3D.
Tuttavia una volta passata l’era 8bit, la rivalità commerciale tra console di nuova generazione portò una nuova ventata di aria fresca all’inizio degli anni ’90, a tal punto che tale periodo vide una rapida corsa al progresso in poco tempo.
Negli anni ’80 in particolare, i cabinati all’interno delle sale giochi erano dei veri e propri punti di ritrovo per gli appassionati videoludici. Il funzionamento era a gettoni e i punteggi record dei giocatori non facevano altro che rivaleggiarsi a vicenda.
Una testimonianza concreta dell’accelerazione competitiva avvenne con l’uscita di un nuovo chip grafico, chiamato “Super FX“, applicato all’interno delle cartucce di alcuni giochi per il Super NES (Super Nintendo Entertainment System, spesso abbreviato in SNES), che avrebbe di lì a poco rivoluzionato il futuro approccio al 3D.
L’ascesa collaborativa di Argonaut Games
Argonaut Games è stata una casa disviluppo di videogiochi britannica fiorente tra gli anni ’80 e ’90. Il suo nome deriva da un gioco di parole del nome del fondatore (da J. San a Jason ovvero il nome in inglese di Giasone) e il riferimento al mito di “Giasone e gli Argonauti“.
A quanto descritto da lui stesso, tutto ebbe inizio alla presentazione di un meeting aziendale con Nintendo per mostrare una falla nel sistema di giochi per Gameboy all’azienda proprietaria.
Infatti, la lettura del marchio di fabbrica per copyright permetteva alla cartucce di avviarsi, riconoscendone la licenza dei software, tuttavia ciò avveniva tramite un doppio controllo di background, il quale poteva subire un rimpiazzo tramite hacking su display con qualsiasi altro marchio, non riconosciuto come intruso.
Logo originale dell’ormai defunta Argonaut Games (1982-2007), conosciuti in futuro anche come gli sviluppatori di Croc: Legend of Gobbos e la serie di Starglider.
A seguito della scoperta (ndr: comunque amara per loro), Nintendo iniziò a valutare le capacità di Argonaut e chiese una dimostrazione delle loro abilità di sviluppo tecnologico. Il team mostrò volentieri una demo di un software sviluppato “per NES in 3D” dal nome in codice NESGlider, chiaramente inspirato dal loro primo titolo della serie “Starglider”.
Impressionata delle abilità tecniche del gruppo di sviluppatori, Nintendo gli introdusse il prototipo del futuro Super Famicom (nome giapponese dello SNES) utilizzando la demo di un software dal nome in codice “Pilotwings”, che rappresentava un loroprimo tentativo di approccio alla grafica 3D.
Essendo ormai la vecchia console agli sgoccioli, la nuova richiesta dell’azienda nipponica fu quella di portare NESGlider dalla console precedente alla successiva.
NESGlider fu una demo dimostrativa e prototipo di Argonaut Games estremamente avanzato per mostrare a Nintendo fino a quanto potessero essere spinte le capacità grafiche 3D già su NES, con le dovute limitazioni.
Tale processo venne ultimato in una settimana poco dopo il Consumer Electronics Show, tenutosi nel 1990 a Chicago, in Illinois. A prodotto terminato, Nintendo ancora non era soddisfatta dei risultati raggiunti (ndr: anche da loro stessi in precedenza); di conseguenza il CEO di Argonaut colse l’opportunità e propose di farsi ingaggiare per creare un un chip grafico, apposito da inserire nelle cartucce, per aumentare le prestazioni 3D della console.
“Gli dissi che quello era il meglio che si poteva fare, a meno che non volessero creare una sorta di hardware integrato per rendere lo SNES migliore con il 3D. Incredibilmente, nonostante non avessimo avuto (come team) molto a che fare con gli hardware prima, mi risposero di SÌ e mi diedero un milione di dollari per metterlo in atto.
-Jez. San, fondatore di Argonaut Games”
Nintendo accettò la proposta ed insieme formarono un’azienda specificatamente per lo sviluppo di tale chip, A/N Software Inc., presso la sede americana di Nintendo.
Nacque così il primo chip di accelerazione grafica 3D e uno dei primi processori RISC (Reduced Instruction Set Computer, ovvero un processore per semplificare gli input ricevuti) mai creati: prese il nome di “MARIO” (ndr: con molta ironia, lo riconobbero anche loro), derivato da un cosiddetto “acronimo inverso” (un acronimo le cui lettere iniziali formano il significato di una parola già esistente), ovvero “Mathematical, Argonaut, Rotation & Input/Output“.
La prima versione del primo storico chip di accelerazione grafica, nominato per la sorte proprio “MARIO“. Un nome alternativo che gli venne dato fu “Super Mario FX“, il quale venne mantenuto come nome in codice del futuro, primo e vero titolo 3D di Nintendo: Super Mario 64.
Alla fine, l’unione delle forze creative di Shigeru Miyamoto e del suo team con la guida al lato tecnico di Argonaut Games (tra cui alcuni membri quali Ben Cheese, Rob Macaulay e James Hakewill) portò inconsapevolmente alla nascita di un nome importante per la casa rossa di Kyoto.
Star Fox e la fama del Super FX
Il primo titolo della futura serie dal nome Star Fox uscì nel 1993, rispettivamente a Febbraio in Giappone e a Marzo in America, arrivando invece in Europa a Giugno dello stesso anno con il nome “Star Wing” a causa di un problema di licenza legale.
Poiché in alcune lingue europee, come il tedesco o l’olandese, la lettera “V” è pronunciata come una “F“, ciò avrebbe comportato problematiche di compatibilità e copyright riguardanti un’impresa tedesca chiamata appunto “Star Vo“.
StarFox è un titolo nato in produzione come “Starglider 3“, ovvero il sequel della popolare serie Amiga per PC di sparatutto spaziali creata da Argonaut.
Dal punto di vista di design, il team di Nintendo si occupò di sceneggiatura, personaggi e aspetti della storia, tuttavia Argonaut scese a compromessi anche con i livelli che vennero resi più lineari e “adatti a nuovi giocatori” con un approccio arcade, abbandonando quindi controlli più complessi, la mobilità libera e una prospettiva strettamente simulatoria. Nonostante questo, l’esperienza ne uscì in maniera eccellente per il genere di gameplay.
Boxart di StarWing nella sua versione europea (PAL), mostrando anche la promozione del Super FX. Motivazioni alternative legate al cambio di nome sembra riguardassero un apparente titolo per Atari sotto copyright dal 1983 col nome appunto di “Star Fox”.
Da un punto di vista tecnico invece, tramite l’uso del chip, rinominato successivamente “Super FX” da Nintendo stessa, il gioco divenne uno dei cavalli di battaglia ed elemento che differenziava i software del Super NES dalla concorrenza, grazie alla possibilità di elaborare più velocemente i poligoni e rendere avanzate le grafiche 2D in una prospettiva simil-3D.
Purtroppo, a causa degli alticosti di produzione non pianificati per questa nuova tecnologia (ndr: d’epoca, si intende), il microprocessore portò ad un rialzamento di listino dei prezzi e ad una diminuzione dei software coinvolti all’utilizzo, che a loro volta però non intaccarono il valore di mercato della console su cui adoperavano.
Il Super FX “2” e gli ultimi sforzi
Il successo del Super FX portò non solo ad una sua riedizione iniziale (GSU-1, acronimo di Graphics Support Unit-1) dal modello base (M.A.R.I.O.), ma anche una sua nuova versione migliorata, ovvero il “Super FX II” (GSU-2).
Inoltre le cartucce, a causa dell’ingrossamento interno del processore per i miglioramenti tecnici, occuparono anche due spazi laterali inutilizzati per i contatti alla porta di uscita, rendendoli incompatibili all’inserimento di adattatori, anche quelli per i cheat.
Comparazione tra una cartuccia americana per SNES (sopra) e una cartuccia giapponese per Super Famicom (sotto). A parte il contrasto estetico e regionale delle due scocche, la differenza sostanziale è visibile nei due pin aggiuntivi sottostanti per la presenza di un chip FX.
Tra i titoli che poterono sfruttare questa nuova iterazione si trovano lo sfortunato Star Fox 2, che non venne mai rilasciato ufficialmente (ndr: prima del 2017 come 32esima esclusiva bonus all’interno del “Super NES Mini”), il port diDoom sempre per SNES, che non aveva nulla da invidiare alla controparte per PC, e una perla tra le più famose nel parco titoli della console ovvero: SuperMario World 2: Yoshi’s Island.
Boxart italiana di Yoshi’s Island. Questo software in particolare sfruttava la versione 2.0 del chip per la visualizzazione a risoluzione migliorata e allargata degli sprite 2D.
Infine, Argonaut Games continuò la propria collaborazione per tutto il ciclo di vita del Super NES, poi sviluppando nuovi ulteriori chip grafici commissionati su prodotti videoludici di altre aziende come ad esempio Philips, Apple o addirittura la Hasbro, ma anche un software per Playstation, prima della definitiva chiusura dei battenti.
< Articolo riscritto, ma originariamente pubblicato da DiegoAguirre >
Collezionista, appassionato di videogiochi, internet, meme, tecnologia e molto altro. Non lascio da parte l'attività fisica e mi tengo in forma. Ancora studente ma a quanto pare adesso anche Capo-redattore. Io non l'avrei mai immaginato... e tu?