La celebre Rule 34 (regola 34) rappresenta uno dei capisaldi del web, annoverata infatti tra le cosiddette 50 “Regole di Internet“. Tali regole rappresentano una lista di protocolli e convenzioni originariamente scritte come guida per uno specifico gruppo di utenti che navigano su internet: coloro che fanno parte degli Anonymous.
Ad ogni modo, la rule 34 è universalmente accettata e messa poco in discussione (anzi incoraggiata, ndr) per motivazioni piuttosto palesi.
Tornando alla regola in questione, probabilmente i lettori più esperti ne saranno già largamente a conoscenza, ma anche i pochissimi ignari devono semplicemente sapere che grazie alla volontà dietro di essa è possibile trovare online materiale definito NSFW (“Not Safe for Work“, ovvero non sicuro per un contesto lavorativo) praticamente su tutto.
Le parole rimbombano: c’è sempre del porno a riguardo. Nessuna eccezione.
La prima apparizione ufficiale della Rule 34, come concetto, avvenne nel lontano 2004, grazie ad una vignetta pubblicata sul sito web britannico Zoom-Out.
Nella vignetta il personaggio reagisce ad una parodia per adulti dei personaggi “Calvin e Hobbes” (fortunatamente non visibile, ndr), ovvero due personaggi appartenenti ad una famosa serie di strisce a fumetti creati da Bill Watterson e pubblicata per un decennio tra gli anni ’80’ e 90.
Rispettivamente, il piccolo Calvin e il suo amico di pezza Hobbes sono entrambi protagonisti a colpi di satira su svariate questioni (sociali, politiche, filosofiche e culturali) di molteplici mini-avventure nell’immaginazione del bambino, che vuole evadere dalla noia dei doveri quotidiani.
Un contenuto innocuo del genere ovviamente fu l’esempio perfetto (ndr: come tanti altri ancora oggi) di una vittima della regola a luci rosse.
Tralasciando l’evidente intento più di disgustare che compiacere come in questi casi, non è ancora chiarissima la ragione per la quale sia stata scelta questa cifra specifica per la regola, ma da allora si consolidò l’idea della sua esistenza come vero e proprio cardine degli internauti.
Successivamente verranno stilate tutte le altre norme al seguito, a tal punto che inizialmente le regole numerate dalla “2” alla “33” erano ritenute scherzosamente come “nascoste” in quanto propriamente inesistenti.
Nel 2009 venne finalmente svelato l’autore del post: l’utente “Electric Eggs” creò infatti un thread (spazio apposito nei forum per le discussioni online) sul sito Something Awful intitolato “Ask me about inventing Rule 34” (let. chiedetemi qualsiasi cosa riguardo l’invenzione della Rule 34), in cui affermava di aver creato il fumetto con sua sorella dopo aver imparato il motto della regola in una chat room su internet.
A seguito della sua prima apparizione in quanto tale ma ben prima della rivelazione da parte del suo autore originale, nel 2006 l’utente “Nukeitall“ delineò su Urban Dictionary la prima definizione canonica della rule 34, descrivendola come una regola che stabilisce la necessaria esistenza di materiale pornografico per qualunque soggetto immaginabile.
La 34 fu integrata successivamente con la consecutiva Rule 35, utilizzata a scopo corroborativo per poter eliminare ogni dubbio e cavillo contestabile in merito, a tal punto da concatenarle:
Rule 34: c’è del porno a riguardo, nessuna eccezione.
Rule 35: se al momento non viene trovato alcun porno a riguardo, verrà (comunque) prodotto.
Successivamente, dato il bisogno costante di evolvere le probabilità e l’irrefrenabile spinta che la sessualità può dare alla natura umana, l’espansione delle regole di internet portò ad una esatta controparte della ormai stabilizzata rule 34: ovvero la rule 63.
Il suo scopo è equivalente alla precedente nel principio, tuttavia cambia nella propria applicazione, in quanto lo scopo è quello di invertire il sesso o genere originale dei soggetti coinvolti nella loro rappresentazione erotica.
In poche parole: altro porno in più per tutti.
Più avanti, nel 2009 fu ufficialmente creato anche un unico database interamente dedicato alla regola 34 su “Rule34.xxx” e l’alternativa “Paheal.net“, con specifici archivi e tanto di barra di ricerca personalizzata.
Entrambi rappresentano due costole di una più grande catena di imageboard online chiamata “Image Boorus” (let. image-board in giapponese), iniziata dal primo sito di nome “Danbooru” nel 2005, specializzata in contenuto disegnato per adulti.
Sui siti è possibile creare un account, visitare sezioni apposite, utilizzare i tag specifici e suddivisi per categorie di sorta e trovare (o nascondere) ogni immagine concepibile dalla mente umana.
L’organizzazione generale si è resa molto utile ai fini di raccolta, poiché i vari post permettono di risalire anche gli autori originali dei rispettivi prodotti artistici ricaricati (ndr: anche se spesso senza approvazione), a tal punto da trovare in anteprima anche versioni accessibili (inizialmente o meno) dai loro canali ufficiali ma solo a pagamento.
Attenzione: la curiosità di scoprire se esistono o meno porno dedicati a personalità a cui siete legati è alta, di conseguenza non è consigliabile accesso ad utenti sensibili.
Dal 2007 in poi, la popolarità della nuova norma fittizia fece un giro così in lungo e in largo che due anni più tardi perfino uno tra i più storici e antichi quotidiani del Regno Unito, ovvero il “The Daily Telegraph” (ndr: ancora stampato in un formato vecchio rispetto ai tabloid), menzionò in un articolo la Rule 34, elencandola come terza tra le “dieci regole più importanti di internet“.
Negli anni scorsi, un episodio più recente ha coinvolto lo streamer Drypiss in occasione del suo diciottesimo compleanno, in quanto decise di riprendersi in una sfida mentre reagiva a delle immagini trovate proprio sul sito.
Il video divenne immediatamente virale ottenendo numeri abbastanza alti per la media, ma pur tenendo a mente l’aggiunta di questo ennesimo caso sopra la pila di aneddoti avvenuti fino a quel momento, ciò che destò interesse nell’utenza fu il ricordo personale dell’esperienza legata al compiere 18 anni e realizzare di poter accedere alla rule 34.
Non era stato piacevole piacevole per tutti (giustamente, ndr) però il messaggio comunitario divenne quello di un fenomeno condiviso, consapevole e particolarmente segnante per la propria identità virtuale. È pur sempre “grazie” ad essa se abbiamo avuto altri esempi come le creazioni dei cloppers oppure la reazione incredula del famosissimo youtuber PewDiePie, che nel 2016 rimase sconvolto dallo scoprire che esistono fanart erotiche perfino su di lui.
Ci sono numerosi utenti online che “supportano” attivamente (o indirettamente) la Rule 34, con tutti i rischi annessi e connessi. Un esempio è l’artista noto come Shadman (ndr: e molti di voi con alta probabilità lo conosceranno perfettamente) o più semplicemente Shadbase come il suo sito omonimo, uno dei più controversi e dibattuti online.
Autore di fumetti erotici (spesso parodistici) basati su cartoni animati, film, serie tv, videogiochi, anime, personaggi pubblici vari, memes e OC (original characters, personaggi originali dell’artista), è finito più di una volta in numerose polemiche e accuse, focalizzate sul fatto che, producendo simili fumetti (con talvolta minorenni per protagonisti), abbia in qualche modo favorito la pedopornografia online e la sessualizzazione minorile.
Altrettanto vero è che non sia mai servita una “regola”, ad esempio, per la pubblicazione di dōjinshi (ndr, manga puramente fanmade) o hentai di vario genere per inserire personaggi dall’aspetto di dubbia età nelle tavole.
È quindi questo il rischio più alto della Rule 34, una legittimazione incontrollabile dei tabù o delle parafilie più recondite dell’uomo? Oppure la semplice constatazione che il porno online, in quanto digitale, sarà sempre e comunque una valvola di sfogo focalizzabile su qualunque cosa?
Un fatto rimane certo: la natura dell’essere umano non farà mai a meno di sfogare la propria sessualità e con l’aggiunta sia del potere illimitato di internet che dell’anonimato… La combinazione continuerà sempre a portare risultati sicuramente controversi ma anche interessanti.
< Articolo modificato e rimodernato da Leonardo Paccoj >
Scrittrice free lance, ammette senza alcun problema di essere appassionata di erotismo, in tutte le sue forme, sfumature e colori. Fate l'amore non fate la guerra, diceva qualcuno. Ebbene, non è poi così male come idea, dopotutto.
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