Perché sì: Jeffrey Epstein, dietro quella patina (apparentemente) indistruttibile di soldi e potere, celava un fascino terrificante e scabroso, che ha coinvolto centinaia di vittime tra cui giovani donne e perfino minorenni.
Netflix, con il suo documentario intitolato “Jeffrey Epstein: soldi, potere e perversione“ (in inglese Jeffrey Epstein: Filthy Rich) vuole raccontare la storia di questo eccentrico miliardario che era riuscito ad occultare per anni i suoi crimini sessuali.
Sviluppata in 5 episodi della durata di circa un’ora, la docuserie approfondisce nel dettaglio le storie delle vittime, le accurate strategie di Epstein, la sua graduale ascesa, le indagini e processi contro di lui, nonché le originali testimonianze.
Diretta da Lisa Bryant e cosceneggiata da John Connolly e Tim Malloy, la serie è tratta dall’omonimo bestseller “Filthy Rich“ di James Patterson.
Il documentario inizia con una deposizione dello stesso Epstein: il miliardario sorride beffardo al momento del giuramento, rispondendo in modo pronto e deciso ad ogni domanda, specialmente quando si riferisce alle sue proprietà disseminate per il mondo. Ma quando gli viene chiesto di esprimersi in merito ai suoi abusi su minori e ai suoi collegamenti con la prostituzione minorile, egli si appella al quinto emendamento, costringendo alla sospensione della deposizione.
Ma come si è riusciti ad incriminare l’intoccabile Epstein? Tutto ha avuto origine nel 2002, dalla casuale investigazione di una giornalista di Vanity Fair, Vicky Ward, che era stata incaricata di scrivere un pezzo dedicato al misterioso e facoltoso Jeffrey Epstein nella sezione mondana del giornale: tutti lo conoscevano per fama, per le sue apparizioni al fianco di illustri nomi americani e non, ma nessuno era mai riuscito ad approfondire l’origine del suo successo né tanto meno qualche dettaglio sulla sua vita privata.
La Ward, grazie ad una fonte, scoprirà invece l’agghiacciante storia di due sorelle (di cui una minorenne) abusate sessualmente da Epstein e dalla sua compagna Ghislaine Maxwell nella loro residenza in New Mexico, storia che perfino l’FBI aveva deciso nel 1996 di trascurare.
L’articolo era pronto alla stampa, la giornalista era decisa a divulgare pubblicamente quella triste vicenda, ma dopo svariate minacce da parte del miliardario, il pezzo venne brutalmente censurato e ridotto tutt’al più ad un’ode verso Epstein e il suo successo.
In realtà, come scopriremo nei vari episodi, il vero e proprio “territorio di caccia” preferito del pedofilo Epstein era nella sua villa a Palm Beach, dove adescava ignare minorenni promettendo loro duecento dollari se gli avessero fatto… un banalissimo massaggio.
Se poi la ragazzina era contraria a continuare con le aberranti attenzioni, Epstein allora le proponeva di persuadere altre sue compagne di classe a venire da lui per i massaggi, e che a lei sarebbero comunque spettati i soldi pattuiti per ciascuna amica convocata, creando così una vera e propria “piramide sessuale” che avrebbe continuato a fornirgli giovani prede costantemente.
Non è tutto: Epstein aveva indotto anche una vera e propria tratta di prostituzione minorile, scambiando e vendendo le vittime ad altre persone, tra cui amici e celebrità. Gran parte del potere di Epstein infatti era racchiuso nelle sue numerosissime conoscenze, che otteneva o grazie al proprio imperscrutabile carisma, o banalmente, grazie a generose donazioni.
Se proprio Donald Trump con il celebre caso Pizzagate (ndr, anche il nome di Jeffrey Epstein è apparso nelle mail incriminate) era riuscito ad “affondare” la sua avversaria Hillary Clinton, in realtà nessuno dei due candidati alla presidenza americana era sfuggito al potere di Epstein.
Infatti, Bill Clinton era stato varie volte nella sua isola privata, ed inoltre Trump ed Epstein erano legati da un profondo rispetto reciproco e “dall’amore per le giovani donne“ (citando lo stesso Trump).
Tra le dichiarazioni raccolte infatti, verrà delineato il carattere fortemente persuasivo di Jeffrey Epstein, capace di plagiare chiunque senza alcun pentimento (non solo giovani donne e minorenni), dato il suo essere narcisista ed egocentrico.
Piena espressione del suo potere si ebbe nel controverso caso di patteggiamento che nel 2008 portò Epstein nel carcere di Palm Beach per 18 mesi (13 effettivi) ma in una cella privata e che poteva lasciare 6 giorni su 7 per 12 ore al giorno. Il tutto condito da una immunità non solo per Jeffrey Epstein stesso, ma anche per i suoi complici reali o presunti.
Il procuratore della Florida all’epoca era Alexander Acosta, e la sua decisione sembrava avvolta da un velo di segretezza e mistero, un velo talmente impenetrabile da rendere quella decisione quasi perfino surreale, visto che violava qualunque diritto delle vittime.
Come si sarebbe mai potuta incastrare una mente criminale così complessa e piena di risorse? E’ l’estenuante lotta legale che coraggiose vittime di Epstein (definite nel documentario sopravvissute) decisero di portare avanti, ad ogni costo.
Soltanto nel 2019 il patteggiamento è stato dichiarato assolutamente non valido, e il caso Epstein è potuto riaprirsi ufficialmente nei tribunali, con tanto di mandato d’arresto contro Jeffrey Epstein.
Tutte le celebrità coinvolte ovviamente hanno negato qualunque coinvolgimento con i capi d’accusa, dichiarando spesso e volentieri di non aver avuto più rapporti con Epstein da oltre 15 anni. Le vittime intanto hanno avuto finalmente modo di esprimere le proprie dichiarazioni, grazie anche al crescente movimento del Me Too.
Ma il verdetto non vedrà mai luce: Jeffrey Epstein muore suicida nella prigione federale di New York il 10 agosto 2019, impiccandosi con un lenzuolo. E perfino il suo decesso rinnova il mistero legato alla sua controversa figura, dando così terreno fertile ai complottisti di tutto il mondo, poiché la sua morte ha rappresentato in effetti la cancellazione di ogni collegamento di Epstein con nomi illustri, non solo americani.
Consigliamo allora la visione di questo documentario non solo agli appassionati del genere, ma anche a chi vuole approfondire l’intera vicenda di Epstein con cura e rigore, viste le recenti notizie.
A riaccendere l’interesse sul caso infatti è stato Anonymous, nelle sue recenti dichiarazioni su Twitter, che avrebbe accusato Trump di aver orchestrato il suo omicidio per insabbiare il coinvolgimento del presidente americano con i gravissimi crimini sessuali di Epstein.
Degno di nota (e menzionato anche nel documentario) è che proprio l’ex procuratore Alexander Acosta è stato Segretario del Lavoro nel mandato Trump dal 2017 al 2019 (fino cioè alle sue dimissioni, a seguito dei nuovi sviluppi sul caso).
Certo, è difficile confermare le accuse fatte dal gruppo di hacker, ma è innegabile che Donald Trump e Jeffrey Epstein frequentassero spesso gli stessi ambienti.
Proprio Trump era stato infatti indagato con Jeffrey Epstein nel caso del 2016 “Jane Doe contro Epstein e Trump” dove una vittima protetta da anonimato (per questo l’appellativo Jane Doe) sosteneva che i due uomini l’avessero aggredita sessualmente nel 1994 in una serie di feste organizzate nella residenza di Epstein a Manhattan, quando lei aveva appena 13 anni. Furono intentate ben 3 cause, poiché tutte venivano respinte categoricamente.
La vittima sarebbe dovuta apparire in una conferenza stampa di Los Angeles sei giorni prima delle elezioni del 2016 , ma improvvisamente l’evento fu sospeso: il suo avvocato Lisa Bloom dichiarò in seguito che la donna aveva ricevuto minacce, non specificando da parte di chi dei due imputati. La causa fu ufficialmente ritirata.
L’avvocato di Trump negò categoricamente le accuse, mentre Epstein all’epoca si era rifiutato di commentare.
Solo il tempo ci dirà se effettivamente il caso Epstein è “solo” un terrificante capitolo della storia criminale americana o se piuttosto (come espresso da molte teorie) Jeffrey Epstein ha rappresentato solo la piccolissima punta di un inquietante iceberg di pedofilia e violenza sessuale perpetrate per decenni e tutt’ora in tutto il resto del mondo.
Scrittrice free lance, ammette senza alcun problema di essere appassionata di erotismo, in tutte le sue forme, sfumature e colori. Fate l'amore non fate la guerra, diceva qualcuno. Ebbene, non è poi così male come idea, dopotutto.
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