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Guida Galattica al Vocabolario Weeb, parte 2: Termini base

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Parte 2: “Terminologia di base”, ovvero la differenza tra Weeb e Normie

Eccoci tornati con un nuovo capitolo della nostra Guida! Nello scorso episodio avete iniziato il vostro meraviglioso (si fa per dire) viaggio alla scoperta degli usi e costumi della misteriosa popolazione weeb, imparando come stabilire un contatto con questi individui: parlando delle loro donzelle 2D preferite. Vi siete guadagnati la loro fiducia, ma questo non era altro che il primo passo verso la completa assimilazion-ehm, integrazione nella loro società.

Ma non disperate: in questa seconda parte, vedremo altri vocaboli fondamentali per la conversazione, in modo tale che, comprendendo quello che dicono, possiate sentirvi anche voi un po’ più weeb! E a tal proposito, partiamo subito con…

Cos’è uno Weeb?

Ti piacciono anime, manga, videogiochi e cibo giapponesi? Mi spiace, ma non sei su questa lista. Uno weeb (o weeaboo, come i più raffinati di loro si definiscono) è molto di più di un mero apprezzatore dell’animazione nipponica. Esso è un fine estimatore del Giappone in tutto e per tutto, che ne apprezza l’arte, la cultura, la filosofia eccetera, ritenendola anni luce avanti rispetto allo sporco, vile, corrotto mondo occidentale in cui si ritrovano, e di cui si sentono prigionieri.

Regola numero 1: Mai offendere la waifu di qualcuno. MAI.

In sostanza, uno weeb idolatra la terra del Sol Levante come un paradiso, pieno zeppo di adolescenti (di ambo i sessi) dotati di poteri sovrannaturali, capelli che esulano da ogni legge fisica e di natura e dal fisico mozzafiato, dove l’amicizia è magica e persino il personaggio più sfigato ha una vita sociale decente.

Questa visione li porta quindi a rigettare la propria identità culturale d’origine per abbracciare il loro nuovo “stile di vita”, che comprende il:

  • pronunciare spesso e volentieri quei quattro termini giapponesi imparati guardando anime (ancora meglio se VM18);
  • cantare a squarciagola le loro sigle preferite ripetendo semplicemente i suoni che riescono a capire;
  • alimentare accesi dibattiti sui blog con chi denigra la sacra nazione nipponica attraverso frasi offensive quali “Guarda che anche loro hanno gli stessi problemi” e generalmente portando avanti gli stereotipi sul Giappone propinati da questi media.

Nota importante da tenere a mente: non chiamateli MAI, in nessun caso dei fott*ti weeb. Li rendete solo più forti.

Cos’è un Normie?

In un ecosistema equilibrato, si sa, esistono cacciatori e prede: quelli che mangiano e quelli che vengono mangiati. Per uno weeb, non c’è peggior nemico di chi non comprenda la bellezza delle opere made in Japan, e sbeffeggi le loro passioni. Tali orribili creature sono da loro chiamate normies.

Notare lo sguardo perplesso del normie. Questa guida gli farebbe sicuramente bene.

Strettamente parlando, un normie è una persona che segue le norme implicite del contesto in cui vive, rifiutando e disprezzando aspetti culturali di nicchia o estranei a tale contesto. Segue le mode, cerca la popolarità, cerca di inserirsi nel gruppo che rappresenta la maggioranza. Questo comportamento può essere visto come un meccanismo di difesa, un modo per non essere isolati o per sentirsi al sicuro dalle minacce della società; più spesso, però, un normie non si considera affatto tale.

Il rapporto tra i due gruppi è solitamente conflittuale, e gli scontri vengono decisi sulla base di due fattori: i numeri e il terreno. Un normie, forte del concetto “popolare=giusto“, si appoggia ad amici, conoscenti, persone della sua cerchia per sopraffare la parte opposta schiacciandola; nel suo modo di fare, inoltre, si trova più a suo agio nei confronti a viso aperto, dove può far sfoggio dei suoi gusti, delle sue convinzioni e della sua popolarità.

Di contro, il weeb è in posizione di vantaggio nello spazio virtuale della rete, nel quale le sue connessioni (più ampie ma anche più fragili) possono facilmente travolgere la fiera ma debole resistenza dei normies. In qualunque caso, nessuna delle due parti tenta di instaurare un vero e proprio dialogo, preferendo invece imporre le proprie visioni agli altri.

Finite ora le dovute spiegazioni, passiamo alla parte più succosa di oggi: le cinque fondamentali parole che ogni weeb che si rispetti deve sempre avere a mente.

1) Shonen/Shojo

Letteralmente “ragazzo/ragazza“. Il termine viene comunemente utilizzato per indicare opere anime/manga dedicate ad un pubblico, rispettivamente, di ragazzi e ragazze adolescenti; ciò non vuol dire, ovviamente, che i maschi non possano apprezzare delle opere shojo o viceversa. Riferito ai personaggi, i vocaboli si ritrovano spesso nelle forme bishonen e bishojo, con il suffisso bi- avente significato di “bello/a“.

Due cose non mancano mai in un qualsiasi anime: ragazzi alti e fighi, ragazze formose ed attraenti.

Abbiamo dunque i bishonen come “bei ragazzi”, generalmente connotati da alta statura, viso allungato ma dai tratti delicati, sguardo penetrante e lunghe mani dalle grandi dita; la personalità può andare da quella di “popolare e gentile” a quella di “delinquente carismatico” per soddisfare i variegati gusti delle lettrici in crisi ormonale.

D’altro canto, le bishojo, ovvero “belle ragazze”, sono personaggi femminili che catturano le attenzioni del pubblico maschile per via del loro grande, morbido, voluminoso… carattere.

2) Waifu

Allora, bambini, ricordate le ragazzine 2D di cui vi ho parlato prima? Ecco, quando una bishojo e un ragazzo reale si vogliono taaaaanto bene… Il ragazzo trova la sua waifu.

Storpiatura del termine inglese wife (moglie), il termine viene utilizzato dagli weeb per indicare un personaggio femminile particolarmente apprezzato, tanto da provocare un’infatuazione nello lettore/spettatore; tale infatuazione spingerebbe lo stesso a desiderare che la propria amata fosse reale, così da poter intrecciare con essa una relazione amorosa, con annessi appuntamenti, strette di mano, serate di coccole e tutte le altre sdolcinatezze tanto dipinte negli anime.

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La religione di uno weeb prevede frequenti prostrazioni e offerte di cibo alla propria divinità bidimensionale.

L’impossibilità della donzella a divenire un’umana in carne ed ossa è fonte di pene ed angoscia per i fragili cuori degli weeb, che si consolano componendo nelle loro camerette un altarino dedicato alla propria dea, e a postare frasi colme di struggimento in ogni gruppo a tema; la cosa va avanti per circa tre mesi, finiti i quali il metabolismo del giovane cerca istintivamente una nuova waifu da adorare, facendo ripartire il ciclo dall’inizio.

Simile processo avviene per le weeb di sesso femminile, le quali, trovato un bishonen di loro gradimento, tappezzano le loro stanze di poster del suddetto gongolando di quanto sia figo il proprio husbando (dall’inglese husband, marito) e dando sfogo ai propri deliri da teenager attraverso fanfiction e sessioni solitarie.

3) Baka

Quante volte l’avremo sentito dire, spesso con una vocetta stridula e fastidiosa o calda e sensual-no, quello è un altro discorso.

Ufficiali giapponesi testano l’arma appena sviluppata: la Mitragliatrice a ripetizione di Baka (1945, colorized)

Il termine baka è il giapponese per “stupido, cretino, idiota” ed è forse uno dei vocaboli più usati dagli weeaboo di tutto il mondo… Meno che dai nipponici stessi. Ciò è dovuto al fatto che il semplice termine baka non ha una vera e propria accezione e può quindi oscillare tra un significato scherzoso (il nostro “scemo”) e uno molto più offensivo e pesante. Ma ovviamente tutto ciò non spaventa i nippofili più incalliti, che non perdono occasione per inserirlo in ogni loro frase alla stregua di un intercalare. Più o meno come i veneti e le bestemmie.

4) Souka/Naruhodo

Alcune delle parole più usate ed abusate, tanto da risultare quasi fastidiose. Non è raro, alla fine di una accorata esposizione, ricevere in risposta da uno weeb un secco “Naruhodo“.

Se è fan di un certo ammazza-goblin può invece utilizzare l’equivalente “Souka“, giusto per darsi un’aria misteriosa e imperscrutabile. I due vocaboli corrispondono infatti alle espressioni “ho capito”, “capisco” e, anche in questo caso, vengono utilizzati in ogni possibile occasione.

Non è uno weeb, ma la parola “souka” costituisce l’80% del suo vocabolario.

5) Fujoshi

Anche stavolta concludiamo l’appuntamento di oggi con il pezzo grosso.

Il termine giapponese è letteralmente traducibile in “ragazza corrotta” ed è utilizzato per indicare un particolare tipo di individui della comunità degli anime fan: trattasi di donne, di età tra i 13 e i 50 anni, che dimostrano una notevole passione per le storie d’amore fra maschi omosessuali.

Sono particolarmente attratte da anime e soprattutto manga che dipingono situazioni spinte tra i due protagonisti in questione, ma non disdegnano le semplici storie romantiche, specie se uno dei due personaggi è basso, timido ed impacciato, rendendolo tanto ma tanto adorabile ai loro occhi.

Il luccichio negli occhi di una fujoshi è un segnale d’avvertimento.

Fin qui tutto normale, ma perché proprio “corrotta“?

Durante il ciclo vitale di una fujoshi, può accadere che questa, spinta dal suo naturale istinto alla ricerca di sempre più storie di Boys Love (detto BL per brevità), prenda per vere le situazioni cliché che vi legge. La fujoshi perde quindi la capacità di distinguere tra realtà e finzione e, contemporaneamente, subisce un processo di deformazione visiva che la porta a interpretare ogni gesto compiuto da due maschi (indipendentemente che siano fratelli, amici, padre e figlio ecc.) come un implicito atto di seduzione. A partire da questo primo stadio, la situazione va solo degradando.

Fiduciosa nella sua “abilità” di percepire i rituali di corteggiamento amoroso maschili, la ragazza vedrà coppie omosessuali ovunque, arrivando nei peggiori dei casi a coinvolgere anche animali (sprofondando talvolta in territorio furry) o addirittura oggetti inanimati; a ciò seguono intense sessioni di scrittura in cui la fujoshi riporta minuziosamente l’intenso ed inesistente gioco di sguardi tra i due.

Fortunatamente, tali casi comprendono solo una parte della categoria delle fujoshi; tuttavia, sembra che il loro numero stia aumentando, il che mette in guardia la popolazione weeb maschile.

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Paolo Rapanà

Un ragazzo di 21 anni, iscritto alla Facoltà di Lettere Classiche, con una grande passione per la scrittura. Modesto, per niente megalomane (non parliamo certo in terza persona per questo.)

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