Doom ha cambiato per sempre il mondo dei videogiochi, creando un nuovo genere: gli sparatutto.
Doom rappresenta un prima e dopo nella storia dei videogames, una pietra miliare dove gameplay , atmosfera, mostri e heavy metal fanno di questo gioco un capolavoro assoluto: merito di id Software.
Le origini di Doom
Come si racconta nel libro Master of Doom , John Romero è stato sempre interessato al mondo della tecnologia. Potremmo definirlo come una rockstar dei videogames poiché, allontanandosi dalla classica figura del Geek, era anche un metallaro a tutti gli effetti.
All’età di 15 anni chiese al padre di comprare i libri Apple Graphics Arcade Tutorial e Assembly Lines per imparare a programmare su Apple II. Nel 1987 partecipò alla fiera Apple Fest, e le sue creazioni colpirono l’azienda Origin Systems: entrò così per la prima volta nel mondo dei videogiochi.
Per quanto riguarda John Carmack è un’altro talento, un programmatore eccezionale che, insieme al disegnatore Tom Hall, unirono le forze per fondare id Software, dove di lì a poco sarebbe entrato anche John Romero.
All’inizio Doom doveva essere un gioco dove i protagonisti erano alieni, prendendo così spunto dal celebre film Alien di Ridley Scott. Il team pensò anche di acquistare i diritti ma poi questa idea fu subito scartata, perché secondo loro il fatto di dover utilizzare solo gli elementi presi da Alien limitava di molto la creatività. Ciononostante, conservarono l’ambientazione futuristica del gioco, e presero anche in considerazione l’idea di fare un sequel di un loro gioco chiamato Commander Keen, ma l’idea sfumò immediatamente.
Durante lo sviluppo del gioco, Tom Hall uscì dal progetto per i continui contrasti con gli altri membri della software house: lui infatti voleva approfondire l’aspetto narrativo del gioco inserendo anche basi militari reali. Il gioco proposto da Tom Hall era completamente differente dal Doom che conosciamo.
Il gioco che aveva ideato al principio Tom doveva essere ambientato in pianeta alieno chiamato Tei Tenga, dove la UAAF (United Aerospace Armed Forces) possedeva due basi militari. I protagonisti erano 4 personaggi con personalità e abilità differenti chiamati Lorelei Chen, John “Petro” Pietrovich, Dimitri Paramo e Thi Barrett.
Il Doom di Tom Hall era composto da 6 episodi dove si facevano viaggi andata e ritorno verso l’inferno attraverso un portale, ma John Carmark aveva un’idea tutta sua di trama nei videogiochi, perfettamente riassunta in una frase detta durante un’intervista:
“la trama in un videogioco, è come la trama in un film porno. Ti aspetti che ci sia, ma infondo non serve a niente”
Infatti la trama del gioco era molto semplice.
“Il protagonista senza nome (per alcuni chiamato Doom Guy) viene a conoscenza di esperimenti segreti di teletrasporto fra le due lune di Marte, Phobos e Deimos, durante i quali qualcosa va storto. Viene così spedito immediatamente con un commando a perlustrare Phobos, dove scopriamo (non senza qualche stupore) che il tunnel di teletrasporto ha aperto un canale che porta dritto all’inferno, attraverso il quale orde di demoni stanno invadendo la base.”
John Romero era perfettamente d’accordo, e voleva che il giocatore si sentisse “potente” davanti l’orda delle creature infernali. Questo conflitto creativo finì con l’uscita di Hall dalla compagnia nel 1993, ma molti elementi ideati i furono riciclati in giochi successivi come per esempio Quake II oppure Hexen: Beyond Heretic.
Atmosfera Infernale
Dal punto di vista del software, nel gioco viene introdotta una nuova tecnica chiamata “partizione binaria dello spazio”. In parole semplici, questa tecnica rendeva possibili situazioni di gioco impensabili per quegli anni: per esempio, differenza di altezze in uno stesso livello, texture su tutte le superfici, variazione di luminosità nelle stanze, livelli non completamente ortogonali, ondeggiamento dell’arma durante gli spostamenti e più interazione con i livelli, come la possibilità di utilizzare ascensori, ponti levatoi e interruttori della luce. Tutto questo in un solo gioco.
Per quanto riguarda i mostri all’interno di Doom furono disegnati partendo da un modello di argilla. Cyberdemon e Baron of Hell erano stati plasmati dallo stesso John Carmack, invece Gregor Punchatz preferì usare lattice e acciaio per creare le creature Arch-Vile, Mancubus, Spider Mastermind e Revenant.
Tutte queste figure furono poi fotografate da tutti gli angoli affinché la rotazione dei personaggi fosse la più realistica possibile. Furono in seguito disegnate e colorate digitalmente attraverso in programma ideato dallo stesso John Carmack chiamato “Fuzzy Pumper Palette Shop”.
Il risultato finale del gioco era come una “droga”: dava dipendenza con la sua divertentissima insalata di spari e mostri accompagnato da un’ambientazione sublime. Ambientazione il cui merito va a John Romero, che più avanti sviluppo la modalità Multiplayer del gioco espandendo, così, il divertimento.
Concludendo: Doom ha influenzato tutti gli altri giochi dello stesso genere. Se Doom non esistesse non sarebbero mai esistiti giochi come Half Life oppure Dead Space (che è in debito con terrore fantascientifico del gioco targato id Software). Doom ci lascia in eredità un nuovo modo di vivere un videogioco.