Nello scorso articolo, avevamo approfondito la leggendaria jiggle physics (ovvero la fisica del seno nei videogiochi) ma è arrivato il momento di scendere più in profondità nella questione, e cercare di capire perché esistono cose come sesso e nudità nei videogames. Puro fanservice, ricerca spasmodica del realismo o semplice svago? Cerchiamo di capirlo insieme.
Come sempre, piccolo disclaimer per i lettori: a scrivere l’articolo è sempre e comunque una tette-dotata, che è fermamente convinta che un videogame vada preso per quello che è ovvero intrattenimento estraneo alla realtà. Non saremo qui a delineare una qualche denuncia a livello di sessismo eccetera, anche perché non sarebbe in linea col tono dell’articolo: leggero e scherzoso, ma pur sempre divulgativo, dopotutto.
Sembra banale immaginare cosa abbia spinto i team creativi di un videogioco ad intraprendere il viaggio della sessualità virtuale, eppure, l’inizio di questa tipologia di contenuti ebbe non poche difficoltà ad emergere in modo chiaro e definito.
Universalmente, si ritiene che il capostipite sia stato tale Softporn Adventure, un’avventura grafica testuale classe 1981 il cui titolo è sicuramente esplicativo. L’idea era di un programmatore poco più che ventenne di nome Chuck Benton, che decise di inventare e sperimentare per la prima volta… il sexting. Perché sì, nessuna immagine esplicita o simile (se non nella schermata iniziale): solo una serie di contesti narrativi conclusi sempre con la frase “what shall I do?” rivolta ovviamente al giocatore.
Era disponibile per Apple II, e riuscì a vendere (nonostante la massiccia pirateria) ben… 25.000 copie, all’incirca equivalenti al 25% del numero totale di Apple II venduti all’epoca. Quando si dice brillanti scelte di marketing.
Spontanea la domanda: e il Giappone invece? Presto detto: l’anno dopo il paese che sarebbe presto diventato leader del genere vide la nascita della casa Koei (fondata dal marito e moglie Yoichi e Keiko Erikawa), che pubblicò il primo gioco erotico per computer con grafica sessualmente esplicita: era Night Life, gioco di avventura grafica appunto per NEC PC-8801.
Da allora, tantissime altre case di produzione (nipponiche e non) decisero in quel periodo di rilasciare giochi dalla componente erotica, ricevendo però anche non poche critiche.
E’ il caso infatti della Mystique, che nel suo Custer’s Revenge vedeva un generale Custer (personaggio storico fortemente caricaturato) intento a sottomettere una donna nativa americana. La scena fu vista dai più come uno stupro, e nonostante le alte vendite, la casa di produzione venne poco tempo dopo chiusa. All’epoca l’episodio fu considerato il primissimo caso di controversia legata ad un videogioco.
Vediamo allora i principali titoli dove il sesso e nudità nei videogames assumono un significato… decisamente più pratico.
Emblematico è l’esempio del primo gioco della serie Gals Panic (1990). Il gameplay traeva forte ispirazione dal titolo Qix , il cui scopo era quello di rimuovere lentamente i pezzi del campo di gioco evitando un nemico o gruppi di nemici. Ma nel caso di Gals Panic, la rimozione permetteva man mano di mostrare… svariate immagini di modelle sensuali. Un’idea tanto semplice quanto efficacissima, visto che il gioco ebbe ben nove sequel durante gli anni ’90 (fino ad un ultimo titolo nel 2002).
Arriviamo poi a Senran Kagura, saga che dal 2012 porta il sesso e nudità nei videogames in un genere quasi perfino inatteso. Si tratta infatti di un action, focalizzato sul combattimento tra ragazze, ma quello che lo distingue dall’iconico Dead or Alive è che ad ogni danno inflitto ai nemici o ricevuto… ci sarà la perdita di pezzi di armatura, vestiti, fino a denudare completamente i personaggi.
Impostazione talmente vincente da creare un vero e proprio mito dietro questa saga, caratterizzata da protagoniste adatte ad ogni gusto e perfette waifu. E’ inatteso perché dopotutto (nonostante il chiaro fine ultimo del gioco) ci si trova di fronte ad un gameplay frenetico, molto curato e sicuramente ben realizzato.
Parliamo invece di videogames dove la parola interattività assume un significato più letterale. Perché se da un lato in Giappone la nascita dei videogiochi erotici favorì anche l’inizio delle visual novel (ovvero videogames d’avventura grafica dal tratto tendenzialmente più vicino al romanticismo che all’erotismo vero e proprio, nello specifico dette dating sim), dall’altro definì il desiderio di alcuni sviluppatori di portare il tutto (e ci perdonerete la battuta)… ad un livello successivo.
E’ il caso della serie Custom Maid 3D (2013), che in ogni capitolo ha cercato di implementare l’esperienza di gioco non solo con l’ausilio del sistema Oculus Rift e dell’HTC Vive (con tanto di controller annessi), ma introducendo anche il leggendario Ju-C Air, evoluto in seguito come Chu-B Lip. Inutile prenderci in giro: la realtà virtuale esiste anche per questa specifica ragione.
Dalle stelle alle stalle. Era il 1995 quando un trio di aspiranti medici decise di…
In questo caso, non solo le sensuali maid completamente customizzabili (e con rigorosissima jiggle physics) si metteranno a nudo per il giocatore, ma anche il giocatore dovrà fare altrettanto adoperando lo strumento sovracitato come dire, senza mani (o quasi)? Peccato dover dire che solo il pubblico maschile (per anatomiche ragioni) possa adoperarlo.
Giochi di pessimo gusto? Beh, alla fine, de gustibus, non c’è da giudicare.
In questo caso, tutti avrete pensato subito a God of War e al buon Kratos che, ancora sporco di sangue e budella divine, decide di fare fiki fiki (citando il mitico The Sims) con dee, ancelle e schiave in topless. Certo, la maggior parte delle scene erotiche sono quasi perfino ridicole e scherzosamente oscurate, ma niente da dire, restano indimenticabili.
Ma volendo fare un rapido excursus, degno di nota è il titolo Fahrenheit (aka Indigo Prophecy) del 2005, che tra intrighi ed investigazioni prevedeva anche una scena intima con tanto di nudo integrale.
In Heavy Rain (2010) poi la componente erotica diventa quasi perfino “coinvolgente” poiché il giocatore doveva guidare ogni singolo movimento del personaggio nel momento intimo, come perfino… aiutarlo a slacciare il reggiseno della partner. Il realtà, il tutto si riduce a movimenti piuttosto lenti e stucchevoli ma che dire, se vi piace il genere.
Non deve sorprenderci poi che nel capitolo di South Park: The Stick oh Truth (2014) un’intera parte sia ambientata nella camera da letto di due persone che ci danno dentro con talmente tanta voga da creare anche disturbi nel gameplay (e non diremo volutamente altro). Ma ovviamente, il fine di tale inserimento è tutt’altro legato al fanservice, e se conoscete bene la serie saprete perfettamente il perché.
GTA V (2013) ha fatto poi scuola con la possibilità di poter perfino passare del tempo con le prostitute, ma diciamocelo: anche qui il più delle volte parliamo di scene tutt’altro che piccanti, data anche la visuale in prima persona strategicamente sfruttata per omettere le nudità. In questo senso, di “miglior qualità” sono invece le scene presenti in Far Cry 3 (2012) o ancor più quelle in The Witcher 3: Wild Hunt (2015). Niente da dire: proprio nessuno riesce a resistere al fascino di Geralt.
Giochi invece come Mass Effect 3 (2012) o il celebre Dragon Age: Inquisition (2014) permettevano una vera e propria immersione all’interno della trama e sviluppo, lasciando che il giocatore potesse intraprendere anche amori omosessuali con tanto di scene (moderatamente) esplicite. Una chicca che spesso si sottovaluta, ma che invece rappresenta una doverosa attenzione.
Arriviamo poi a menzionare le centinaia di migliaia di mod e patch che hanno permesso di mettere a nudo personaggi come Lara Croft, o semplicemente di eliminare inutili censure inserite originariamente pur di non compromettere l’uscita del gioco. Come ad esempio le nudità in Devil May Cry 5 (2019), presenti in questo caso per solo ed esclusivo fanservice (non per particolari momenti clou) e censurate con improbabili liquidi, inquadrature e luminescenze varie.
Ciò che però (ma non dovrebbe sorprenderci) delinea l’happy ending del nostro viaggio in merito al sesso e nudità nei videogames è senza dubbio da ricercare negli amatissimi siti quali Pornhub e YouPorn. Storico è l’esempio di Overwatch, gioco tutt’altro che NSFW ma i cui personaggi sono stati resi (da svariati artisti) protagonisti di video erotici che hanno letteralmente dominato le top ten del genere per anni, aggiornandosi man mano in base ai nuovi eroi in uscita.
Non lamentarti, cara Blizzard: la regola 34 vale per tutti, nessuno escluso.
Insomma, sesso e nudità nei videogames non rappresentano più un tabù ormai, sembra piuttosto ormai superato il doverli necessariamente additare come negativi per mero perbenismo. Dopotutto, si parla pur sempre di virtuale, ed è sempre opportuno ricordarlo sia agli amanti del genere che agli ipersensibili in merito.
Scrittrice free lance, ammette senza alcun problema di essere appassionata di erotismo, in tutte le sue forme, sfumature e colori. Fate l'amore non fate la guerra, diceva qualcuno. Ebbene, non è poi così male come idea, dopotutto.
Nanowar of Steel a Etna Comics 2024 Il prossimo giugno, il palco di Etna Comics vibrerà di… continua a leggere
Durante Etna Comics 2024 si accenderanno i riflettori su Supersex, la serie ispirata alla storia e alla carriera… continua a leggere
Francesco Centorame, il giovane attore noto per i suoi ruoli sia in televisione che al… continua a leggere
Questo sito utilizza i cookie:
Leggi di più