“Freaks” vuol dire “mostri”: peccato che di mostri, dopotutto, non ce ne siano affatto.
Le riprese iniziarono il 9 novembre 1931 negli studi di Culver City, eppure, Freaks rappresentò fin da subito un progetto da nascondere e boicottare il più possibile.
Non a caso, il film fu vittima di censure e tagli, poiché ritenuto eccessivo per il pubblico di Hollywood. Ma perché tutto questo? E perché una pellicola del genere si rivelò essere al contrario pionieristica e ricca di contenuto?
Una delle locandine di “Freaks”.
Per scoprirlo, dobbiamo risalire alle origini di questo film e alla mente dietro una di certo non troppo complicata ma diventata cult grazie ai suoi personaggi.
Prima di iniziare, una piccola premessa: in questo articolo non tratteremo specificatamente del plot del film perché confidiamo nella curiosità dei lettori che potranno così recuperarlo, nonostante la pellicola integrale sia sventuratamente andata perduta, e l’unica versione più fedele possibile sia comunque mancante di circa 30 minuti di scene tagliate e mai più ritrovate.
Il regista: Tod Browning
Charles Albert Browning, Jr. nasce nel 1880 nel Kentucky, uno stato che, però, calza sempre più stretto al futuro regista. Decise così, ad appena 16 anni di lasciare la propria famiglia per partire con un circo itinerante utilizzando lo pseudonimo di Tod.
Da allora, inizia il suo viaggio per quasi l’intera America, che lo porterà ad essere: una comparsa in un numero d’ipnotismo e di levitazione, equilibrista, trapezista, clown, ma non solo.
Il suo fortissimo senso creativo renderà quasi perfino inevitabile l’inizio della sua carriera dapprima come regista di spettacoli teatrali, e poi nel 1915, come regista a tutti gli effetti per il cinema.
Piccola curiosità: per chi non masticasse molto la storia del cinema, sappia che è sempre lui il regista di un secondo iconico horror. Parliamo del celebre Dracula, con il memorabile Bela Lugosi nei panni del vampiro.
Chi sono i freaks?
Banalmente, è proprio grazie a questo film che il fenomeno dei freaks è esploso. O meglio, è così che finalmente anche la ricca borghesia degli anni ’30 inizia a venirne a contatto per la prima volta.
I freaks sono “mostri”? No, sono solo persone affette da rare malattie genetiche e svariate malformazioni e che, dal diciottesimo al ventesimo secolo, intrattennero folle di curiosi nei circhi itineranti durante i così detti Freak Show. In poche parole: fenomeni da baraccone.
Una scena dal film “Freaks”.
Ciò che il film evidenzia magistralmente è proprio la discriminazione di cui sono vittima i freaks da parte dei “normali”: chi sono i veri mostri? Sono davvero così cattivi ed inquietanti creature che in realtà non sono altro che esseri umani? Cos’hanno in effetti di così diverso da chiunque altro? Questi sono solo alcuni dei dilemmi che il film (in un modo brillantemente tutto suo) cerca di approfondire.
Il registra scritturò infatti originali freaks, provenienti da circhi principalmente tedeschi. Troviamo infatti: le gemelle siamesi Daisy e Violet Hilton, il “tronco umano” Prince Randian, le “armless wonder” Martha Morris e Frances O’Connor, l’ermafrodita Josephine Joseph, le “pinhead” Elvira e Jenny Lee Snow, l’uomo senza gambe Johnny Eck, la donna barbuta Olga Roderick, il microcefalo Simon “Schlitzie” Meck e i nani Harry e e Daisy Earles.
La loro parte? Impersonare semplicemente se stessi, nel modo più autentico e riuscito possibile.
Il regista Tod Browning accompagnato dai protagonisti del film.
La “maledizione” dietro Freaks: tra censure e terrori
Nel 1930 fu redatto e promulgato un codice di censura detto appunto codice Hays (dall’autore del codice, l’ex direttore delle Poste William Harrison Hays). Un’infinita elencazione di regole, obblighi eccetera a cui ogni regista doveva attenersi inflessibilmente. Un codice che verrà abolito solo nel 1967.
Viene da sé che il buon Browning trovò ben pochi consensi nella produzione del suo film, ma non demorse mai. Nel set però serpeggiava un velo di implacabile inquietitudine. La troupe si rifiutò spesso di lavorare per troppe ore per non avvertire un senso di nausea.
All’uscita, il film fu un totale flop: causò una perdita di oltre 164.000 dollari e la totale fine della carriera di Tod Browning ad Hollywood, nonostante una seconda uscita (riveduta e “corretta” con un finale più lieto ma meno riuscito) del 10 febbraio del 1932, rifacimento totalmente imposto dalla produzione MGM.
Il film fu vietato dalla Germania nazista dal 1933 al 1945, mentre nel Regno Unito la visione fu bandita fino al 1964. In Italia non arriverà prima degli anni ’80.
I notiziari di allora raccontano di spettatori in preda a svenimenti e malori da vario tipo, e perfino di una donna che, in seguito alla visione, ebbe un aborto spontaneo.
Rassicuriamo i lettori che la visione di questo film può risultare inadatta solo a chi è effettivamente molto sensibile di stomaco, ma nulla che il tasto “pausa” non possa efficacemente risolvere: parliamo comunque di un film assolutamente inedito per un pubblico fin troppo poco abituato alla filmografia e che, per la primissima volta, iniziava ad approcciarsi anche al genere orrorifico.
Freaks ai giorni nostri
La pellicola, ormai ultra ottantenne, continua tutt’ora ad affascinare il pubblico mondiale e, come spesso accade, riceverà i suoi degni riconoscimenti solo decenni dopo la sua effettiva uscita, nel dicembre del 1931.
Nella classifica dei migliori 50 cult movies stilata nel 2003 dalla rivista statunitense Entertainment Weekly Freaks viene inserito al terzo posto, e la pellicola nel 1994 è stata scelta per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
A partire dal 24 ottobre 2016 il film (in inglese con sottotitoli) è stato distribuito in cinema selezionati del territorio nazionale dalla Cineteca di Bologna come parte della rassegna “Il cinema ritrovato“.
American Horror Story: Freak Show (2014)
Freaks ha inoltre ispirato decine di produzioni, tra cui anche la quarta stagione della celebre serie American Horror Story. Ad oggi, resta uno dei film più innovativi del panorama cinematografico, la cui sfortuna fu semplicemente di essere venuto alla luce nel periodo sbagliato: ma non è forse questa la chiave di un buon film?